Le radici della fiducia in Monti

Jacques Santer e BerlusconiMolti mi chiedono conferma dell’indicazione a favore di Mario Monti come unico leader legittimato a recuperare un ruolo ed una credibilità all’Italia in Europa e nel mondo. E mi chiedono dove nasca questa fiducia.
Nasce nel 1995 quando , al Parlamento Europeo, lo votai per la prima volta, insieme a tutti i deputati europei di Forza Italia, come Commissario Europeo alla concorrenza, proposto dal Presidente Berlusconi in persona.
Cinque anni dopo, accanto alla conferma del voto di Forza Italia e di Berlusconi, ci fu un’autentico plebiscito anche tra i parlamentari stranieri del PPE, estimatori del commissario italiano inflessibile e straordinariamente efficiente.
Per elogiare il suo metodo di lavoro ferreo, puntuale e coraggioso, quasi offendevano tutti noi: “Non sembra nemmeno italiano” dicevano.
Passò dalla competenza sulla concorrenza al mercato interno, ruolo delicatissimo attraverso il quale ha disegnato regole comuni negli scambi per garantire equità nello sviluppo anche per i Paesi più svantaggiati.
Salì agli onori della cronaca più volte per il rigore con il quale seppe combattere gli abusi e le violazioni delle regole. L’intervento più famoso fu la multa di oltre 500 milioni di dollari affibbiata alla gigantesca Microsoft, ma anche molte altre multinazionali furono rimesse in riga dalla sua inflessibile sorveglianza.
Come è noto il commissario europeo equivale per ruolo e poteri ad un ministro sovranazionale di 27 Paesi. Ebbene Monti è stato tra i pochi che, a conclusione del suo doppio mandato, non sia stato inseguito da polemiche, critiche o avvisi di garanzia, come è accaduto a numerosi suoi colleghi.
Verso la fine del 2011  quando raccoglievo a Bruxelles segnali preoccupanti per il Governo  del centro destra, fui il primo (vedi articolo su Il Corriere della Sera) ad anticipare la soluzione  drastica delle dimissioni di Berlusconi e della chiamata di Monti come risanatore di una situazione devastata.
Non mancarono frecciate poco amichevoli da parte dei cultori della personalità ma quando lo stesso Berlusconi  imboccò la strada delle dimissioni per evitare l’umiliazione della sfiducia, mi presi le mie rivincite.
Poi ci fu l’anno della saggezza con l’accordo trasversale che riunì intenti e voti e consentì a Monti di restituire all’Italia credibilità economica in Europa e dignità politica nel mondo.
Votammo in tanti e tante volte convintamente Monti ed il governo dei tecnici.
Infine l’improvvisa impennata di Berlusconi, gli attacchi e la crisi anticipata. E la pretesa di cambiare i nostri cervelli.
Sarebbe potuta finire diversamente tra i due, anche per disegnare il futuro insieme.
Ma nel PDL esplose dirompente la pressione dei falchi, timorosi di perdere le loro posizioni di vantaggio all’ombra dell’unico leader disposto a proteggerli anche dalla magistratura e a ricandidarli in un posto sicuro grazie al porcellum, così salvato.
Solo i più coerenti continuarono a sostenere la stagione delle riforme concrete, del recupero duro, con sacrifici  necessari, della fiducia dei paesi partner mantenendo il sostegno al Governo anche in presenza delle prime defezioni.
I più coraggiosi, tra i quali chi scrive, decisero di privilegiare la concretezza anche nel momento in cui deflagrò lo scontro elettorale, continuando a garantire la loro fiducia al grande progetto  europeo, piuttosto che all’ennesima stagione delle promesse demagogiche, ancorate ad orizzonti provincialotti lombardo/padani, asfittici ed ambigui.

 

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